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Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l’ex bandiera dell’Inter Marco Materazzi ha parlato del difensore della Roma Mancini

Materazzi, è stato suo il primo messaggio a Gianluca dopo la rete in Europa League?

«Non gli scrivo tanto… Penso non serva, soprattutto quando hai un rapporto come il nostro: solido, di stima e affetto, costruito negli anni. Sono semplicemente contento del percorso che sta facendo: sta raccogliendo ciò che merita».

Si ricorda la prima volta che l’ha incontrato?

«Giocava a Perugia, altra cosa che ci unisce. Mi chiama Renzo Luchini, un leggendario massaggiatore, e mi fa: “Qua c’è uno che impazzisce per te, sei il suo idolo e si è pure tatuato il 23”. Sono andato a incontrarlo, gli ho portato la maglia e da lì è nato tutto: ho visto una luce speciale. Ora è romanista, ma a quei tempi per lui esisteva solo l’Inter…».

Concorderà, però, che il suo pupillo a volte è un po’ spigoloso, anche se è migliorato molto.

«Quello è carattere, qualcosa difficile da cambiare. Ma si matura col tempo e riuscire a correggere certi errori è segno di intelligenza. Non parlatemi, però, della bandiera sventolata dopo aver vinto il derby: quello è uno sfotto che finisce lì, inutile ingigantirlo. E avrei detto lo stesso anche se un giocatore laziale lo avesse fatto a lui».

Che altre tracce di Materazzi vede in Mancini? E in cosa, invece, siete diversi?

«Entrambi ci mettiamo la faccia e non abbiamo paura di nessuno. Io sono mancino e lui destro, io più tecnico e lui più veloce: diciamo che ci saremmo completati bene in una coppia centrale».

Il consiglio migliore che gli ha dato da fratello maggiore?

«Non ne ha mai avuto bisogno, sta facendo i passi per crescere ancora da ogni punto di vista. Lui sa quanto sia orgoglioso del fatto che è rimasto sempre se stesso. E ora fa bene a godere: gol alla Lazio da romanista e gol al Milan da… interista. Cosa potrebbe chiedere di più? Però in Europa League il lavoro non è finito, senza regola della rete in trasferta cambia tutto. Se passano il turno, Gianluca e i suoi compagni possono arrivare in finale, ma per la vittoria occhio all’Atalanta».

C’è una differenza tra il Mancini sotto Mourinho e il Mancini sotto De Rossi?

«Nessuna, la sua principale dote è che gioca al massimo a prescindere di chi gli sta intorno. A volte quando si cambia tanto, un giocatore rischia di perdere sicurezze, ma non è il suo caso. Con José è stato in campo anche con una gamba sola e si è meritato la fascia da capitano».

Nella difesa titolare della Nazionale all’Europeo Mancini sì o Mancini no?

«Cominciamo col dire che siamo messi bene, abbiamo ottimi centrali. Gianluca ha perso il treno della convocazione per l’altro Europeo che avrebbe meritato. Quella è stata la delusione più grande, ma lì ha trovato la spinta per risalire. Io in Germania lo vedo titolare, accanto ai “nostri” Acerbi e Bastoni».

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