Lele Adani dice tutto sul momento dell’Inter di Simone Inzaghi. Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, il noto opinionista, nonchè ex giocatore nerazzurro, ha fatto il punto sui recenti risultati e non solo. Il ritorno di Lukaku, gli ottavi di Champions League col Porto, ma anche il lavoro dell’allenatore sin qui svolto.
«Il grande cammino del Napoli non deve far dimenticare le “mancanze” di chi sta dietro. Non credo l’Inter rischi il posto tra le prime quattro, ma non può di certo dirsi soddisfatta di quello che sta facendo: 6 sconfitte in 22 partite, i pareggi contro Monza e Samp…».
«Cominciamo dagli infortuni. Lukaku non nasce campione, non ha la naturalezza dell’attaccante talentuoso, come può essere Dzeko, nei movimenti e nelle giocate. Il suo calcio non può prescindere dalla forma fisica e dal lavoro settimanale. Quando Lukaku sta bene, cresce anche in autostima e quindi nella tecnica, persino nel dribbling. Ma quando sta male, diventa un giocatore normale, che fatica».
«Il rendimento sinora non arriva nemmeno vicino alla sufficienza, come negarlo? È chiaro che quando l’Inter ha riportato Lukaku a Milano, aveva in mente il trascinatore dei due anni in Serie A. Un giocatore capace di fare la differenza, almeno in Italia. Ecco, quel calciatore nel 2022-23 non si è mai visto. Anche se nelle ultime partite la predisposizione e la testa mi sembrano migliori…».
«Vero. La connessione speciale che si era creata tra Romelu e Conte fu la prima ragione che portò i nerazzurri allo Scudetto nel 2021. Ma, dietro quel feeling, c’era tantissimo lavoro sul campo. Lukaku era diventato il centro del gioco dell’Inter: condizionava gli avversari, mentre i compagni intorno si muovevano tutti in funzione di lui. Anche Lautaro, che oggi è salito di status, tra i trofei vinti con il club e il Mondiale con l’Argentina. Nell’Inter attuale meno…».
C’entra Simone Inzaghi?
«Mi aspetto che anche l’attuale tecnico nerazzurro trovi il modo per incidere sulle performance di Lukaku. Come dico sempre, quando un giocatore di livello non rende secondo le attese, la colpa va condivisa anche con la guida tecnica. Mi piacerebbe che Inzaghi dicesse anche pubblicamente che tipo di lavoro vuole fare con il belga».
La Joya può essere un rimpianto del passato. Sul futuro, invece, giusto o no insistere su Lukaku, nel caso ci fossero le condizioni per trattenerlo a Milano?
«Dopo un’annata così, io lo terrei proprio per non sconfessare la scelta fatta in precedenza. Lukaku non è tipo da atteggiamenti sbagliati e non può aver dimenticato come si gioca a calcio. Se ci credevi prima, non puoi smettere di farlo per un anno tribolato».
Restano quattro mesi per convincere gli scettici, a cominciare dalla sfida di Champions contro il Porto.
«Ecco, sarà un bel banco di prova. Lukaku in partite del genere deve ritrovare la presenza con continuità nel gioco, che va al di là del segnare o meno un gol».