Due derby vinti in tre settimane, una Supercoppa aggiunta alla bacheca, la semifinale di Coppa Italia, il secondo posto in solitaria e gli ottavi di Champions da disputare col Porto hanno giustamente caricato l’ambiente a pallettoni.

Il divario netto col Milan unitamente al recupero di giocatori cardine come Lukaku e Brozovic ha rafforzato la convinzione che l’Inter quest’anno abbia letteralmente gettato alle ortiche un campionato ampiamente alla sua portata, alimentando un rammarico popolare che ha sconfinato in critiche ingenerose verso l’allenatore.

L’Italica (e soprattutto interista) vecchia abitudine di impallinare anzitempo l’allenatore di turno non è ancora andata in scena, ma è possibile che si concretizzi se l’Inter dovesse uscire dalla Champions o dalla Coppa Italia.

Simone Inzaghi ha perpetuato il difetto cronico di sbagliare spesso i cambi durante la partita, eppure con lui sono stati raggiunti per due anni gli ottavi di Champions, vinti tre trofei e (in maniera alternata) mostrato un calcio spettacolare. L’anno scorso ha perso lo scudetto, ma rispetto a Conte ha avuto a disposizione un Lukaku, un Hakimi e un Eriksen in meno. Non è poca cosa, se unita anche alle incertezze societarie degli ultimi tempi, ed è forse per questo che lo scudetto perso l’anno scorso vede più colpevole chi è scappato rispetto a chi ci ha comunque provato.

L’Inter di oggi resta tuttavia in corsa (almeno teorica) su tutti i fronti, ma Inzaghi, se vuole raggiungere un secondo posto agevole, deve migliorare drasticamente il rendimento in trasferta. La differenza tra il rendimento in casa e fuori è talmente sconcertante e netta da rendere difficile ogni tentativo di spiegazione razionale.

Abbiamo tutti in mente parecchie gare non entusiasmanti, qualcuna perfino mortificante lontano da San Siro, ad eccezione di alcuni exploit (Barcellona, Bergamo) che si contano sulle dita di una mano. Può darsi che manchi la mancanza di ferocia per azzannare l’avversario in trasferta, può darsi che il temperamento morigerato dell’allenatore incida su questo aspetto, ma il fatto che l’Inter sia oggi la settima squadra per rendimento in trasferta ha radici ben più nascoste di quello che è visibile.

Il paradosso di una situazione che appare spesso in bilico vede tuttavia Inzaghi in grado di tenere unito un gruppo eterogeneo, con giocatori già sicuri di lasciare a fine stagione, altri probabili partenti e altri che resteranno all’Inter. Non è una situazione facile, e per questo va dato merito all’allenatore.

Lunedi a Genova con la Sampdoria, dilaniata dalla situazione societaria, con Stankovic che sta facendo il possibile ma che evidentemente non basta, l’Inter ha l’obbligo di vincere e soprattutto di giocare in maniera molto più convincente di quanto fatto finora. C’è ancora il tempo per smentire tutti e mettere un pò di pressione al Napoli, ma soltanto un pò, perchè ad oggi non è immaginabile come lo scudetto possa prendere un’altra via.

Avanti Inter

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