“La situazione è davvero delicata. Io in 15 anni faccio un solo paragone: Calciopoli. Lì c’era tutto il mondo che ci tirava contro, questa invece ce la siamo creata noi”. Sono le parole di Stefano Bertola (ex direttore finanziario della Juventus) al ds bianconero Federico Cherubini, nell’unica intercettazione ambientale dell’Inchiesta Prisma, che indaga sui conti della Juventus dal 2018 al 2021. Al centro della conversazione ci sono le plusvalenze e la verifica della Consob del 13 luglio.

“A Paratici nessuno gli diceva niente…”

Viene spesso citato Fabio Paratici, che da poco aveva lasciato la carica di capo dell’area tecnica della Juventus. Il ds Cherubini sostiene che “con Fabio (Paratici, ndr) non si poteva ragionare… finché c’è stato Marotta gli metteva un freno, quando è andato via ha avuto carta libera… Si poteva svegliare la mattina e firmare 20 milioni senza che nessuno gli dicesse niente… Io glielo ho detto: è una modalità lecita ma hai spinto troppo. E lui mi rispondeva: ‘Non ci importa nulla, perché negli scambi se metti 4 o metti 10 è uguale, nessuno ti può dire nulla’”.

Secondo l’accusa tale conversazione confermerebbe il modus operandi della Juventus: alterare i bilanci facendo ricorso a plusvalenze fittizie (oltre che alla ‘manovra stipendi’).

Intercettazioni e giustizia sportiva

La questione plusvalenze è già stata oggetto di un’indagine sportiva conclusasi con la doppia assoluzione da parte degli organi di giustizia della Figc, sia per la Juventus che per gli altri club coinvolti (11 società in totale e 59 dirigenti). Il principio ‘ne bis in idem’ impedisce di giudicare due volte sullo stesso fatto un soggetto, a meno che non emergano dei nuovi elementi rilevanti. Sul fronte invece della ‘manovra stipendi’ (l’ipotesi della procura di Torino è quella di un taglio fittizio degli stipendi con relativa riduzione dei costi nei bilanci omettendo la posizione debitoria nei confronti di suoi tesserati come invece risulterebbe da scritture private fra lo stesso club e i suoi tesserati) la procura Figc, guidata da Giuseppe Chiné, ha aperto un’inchiesta nei giorni scorsi e sta analizzando tutte le carte dell’inchiesta Prisma di Torino arrivate in Federcalcio.

“La supercazzola alla Consob”

“Non possiamo dire alla Consob che il bilancio è un atto di fede”. Le ispezioni della Consob nel luglio 2021 erano al centro di diverse telefonate di dirigenti bianconeri intercettate dagli inquirenti, ma dai dialoghi nessuno immaginava che si sarebbe arrivati a questo punto. “Tanto la Consob la supercazzoliamo”, diceva il 15 ottobre 2021 il direttore finanziario della Juve Stefano Cerrato a un collega, a proposito della plusvalenza da 8 milioni scaturita dallo scambio di mercato col Marsiglia fra i giocatori Tongya e Aké.

L’espressione – resa celebre dal Conte Mascetti nella trilogia di ‘Amici Miei’ (film cult a cavallo fra gli anni ’70 e ’80) – ritorna anche in un dialogo fra lo stesso Cerrato e Roberto Grossi, revisore di Ernst&Young, a proposito dello scambio Arthur-Pjanic col Barcellona:

Penso che sarebbe opportuno dargli (alla Consob, ndr) un riferimento più o meno di principio contabile o di qualche cosa, cioè posso io supercazzolarli in modo più raffinato?”. Il giorno dopo Grossi consiglia Cerrato di non usare il termine “aleatorietà”, che è troppo forte, ma di prediligere “soggettività”. E ancora: “Non dite che non usate Transfermarkt, dite che qualche volta lo usate“. Secondo la procura di Torino, questo dimostrerebbe una linea comune fra la società Juventus e i revisori, che invece avrebbero dovuto essere dei controllori indipendenti.

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