Inzaghi, Inter

Quando per due volte consecutive il migliore della propria squadra risulta essere il portiere la spia gialla sul cruscotto tende pericolosamente al rosso, e ciò significa che urge una sterzata repentina.

Ieri sera di fronte non c’era il Bayern e nemmeno il Milan, ma è bastato un buon Torino messo a specchio e che pressava alto uomo contro uomo per mettere in seria difficoltà un’Inter ancora convalescente e col fiato corto. Alla fine il colpo da calcetto di Brozovic ha regalato un’inattesa vittoria che rilancia la squadra, almeno dal punto di vista della classifica, dopo le bastonate incassate nel derby e in Champions.

Per tutto il primo tempo e per metà della ripresa l’Inter ha però faticato dannatamente, apparendo contratta mentalmente ed esibendo un giro palla lento e prevedibile. Soltanto a tre quarti della gara, con i cambi effettuati da Inzaghi e sospinta da un traboccante San Siro, l’Inter ha preso quel coraggio e quell’iniziativa che avrebbe dovuto avere dall’inizio, soprattutto al cospetto di una squadra che pur ben disposta ha come obbiettivo la parte sinistra della classifica.

La difesa ha sofferto come di consueto, Skriniar e De Vrij  spesso in affanno con Vlasic e Sanabria e Handanovic strepitoso in un paio di parate che hanno tenuto in piedi l’Inter. Stavolta anche i detrattori più efferati dovrebbero riconoscerne i meriti e non soltanto abbaiare contro un portiere che ha saputo anche mettersi da parte senza polemica.  Inzaghi però ora scelga e non effettui una pericolosa alternanza tra i pali che porterebbe unicamente insicurezza a tutta la squadra.

Dumfris è apparso il fratello scarso di quello conosciamo, Dimarco ha risposto con il consueto impegno ma con poca efficacia. Ammirevole invece la partita di Lautaro Martinez, che oggi incarna quello spirito di sacrificio che sarebbe necessario in un momento così difficile, ma che in alcuni componenti della squadra sembrerebbe non essere così forte. Uno su tutti Correa, che per età e fame calcistica dovrebbe entrare e mangiarsi l’erba del campo ed invece spesso passeggia svogliatamente nei pressi dell’area avversaria.

Si è visto però almeno il cuore, che ha permesso all’Inter di andare a prendersi tre punti che oggi appaiono come acqua nel deserto, soprattutto alla luce di una classifica che resta sorprendentemente buona nonostante due sconfitte in sei partite. Oggi il campionato non ha un vero padrone e questo consente all’Inter di guardare al futuro con fiducia e speranza, a patto di recuperare quelle energie fisiche e quella condizione mentale che oggi scarseggiano pericolosamente.

Prima della sosta l’Inter dovrà vedersela con Plzen e Udinese, due partite difficili ma non proibitive e che potrebbero rilanciare la squadra iniettando nell’ambiente quell’autostima che oggi manca come il pane.

Avanti Inter.

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