Javier Zanetti, in occasione del suo ottavo anniversario da vicepresidente nerazzurro, racconta i momenti salienti della sua carriera.
Su Paolo Maldini
“L’ho sempre ammirato, abbiamo un ottimo rapporto dentro e fuori dal campo. È una persona vera, rispettosa. Ha sempre difeso la maglia come facevo io e nonostante le tante battaglie resta una sincera amicizia. Il più grande che ho affrontato dal punto di vista umano è Roberto Baggio, legammo subito quando arrivò all’Inter e non era per niente facile averlo contro. Poi penso a Messi, Zidane, Giggs“, racconta il Capitano ai microfoni di Carrers.
il peso della fascia
“Dopo una sconfitta parlo sempre con i ragazzi, gli ricordo che siamo resilienti. E lo dice uno che per anni aveva vinto soltanto una Coppa Uefa e ha visto trionfare gli altri a lungo. Ma a Moratti ho sempre fatto presente che sarebbe arrivato il nostro momento e il tempo mi ha dato ragione“, ha proseguito Zanetti.
Sui momenti bui
“Il 5 maggio 2002 fu difficile, triste. È durissimo perdere lo scudetto all’ultima giornata dopo esser stati tutto il tempo in testa. Il calcio ci diede le spalle. Ma poi la notte di Madrid (la vittoria della Champions League nel 2010, ndr) ci ha permesso di coronare un sogno“.
Qualche curioso aneddoto
Zanetti conclude l’intervista raccontando qualche simpatico aneddoto: “Ho indossato un abito per la prima volta quando sono stato presentato all’Inter. In Argentina lo usavo solo per le grandi feste. Ne comprai uno molto costoso quando seppi del trasferimento, in quel momento ero uno sconosciuto, poi non mi sono fermato più. Facchetti è stato una splendida persona, mi ha insegnato tanto e mi manca molto. Ne avrò sempre un bellissimo ricordo. Il gol in finale di Coppa Uefa fu molto importante, per giunta davanti alla mia famiglia: è stata una gioia immensa condividere quel momento con loro. Simeone stava per calciare, gli urlai di lasciarmela e la misi all’incrocio, nemmeno Cragnotti ci poteva credere. Simoni era il nostro condottiero, ci guardava come dei figli. Ora su WhatsApp Moriero ci manda le foto delle Maldive! Cambiasso, Milito e Samuel sono come fratelli, non ci siamo mai sentiti stranieri: l’Inter era la nostra casa e la nostra famiglia. Se abbiamo vinto tutto è perché eravamo grandi uomini prima che grandi giocatori, ci aiutavamo e siamo stati guidati da allenatori eccezionali, che hanno saputo farci andare oltre le nostre possibilità“.