L’Inter gira meno bene in questo 2022. I risultati sono chiari. Il calendario è stato asfissiante (Lazio, Juventus, Atalanta, Milan, Roma, Napoli, Liverpool, Sassuolo…) e la fortuna davanti alla porta meno presente.
Ma non solo. Troppo prevedibile, troppo lento, troppo nervoso, il 3-5-2 di Simone Inzaghi è sotto accusa, soprattutto per le partite contro il Sassuolo (0-2) e Genoa (0-0). 50 tiri, zero gol…
Premesso che i movimenti e i giocatori contano più del modulo di partenza, il 3-5-2 d’Inzaghi è diverso da quello di Conte, sia per filosofia che per caratteristiche degli stessi interpreti (Lukaku/Dzeko, Eriksen/Calhanoglu, Hakimi/Dumfries).
Inzaghi è legato alla difesa a tre e la rosa risponde a questo. È stato scelto da Marotta anche per questo, per dare una continuità tattica al gruppo campione d’Italia. Il mercato è stato in questa direzione, anche con l’acquisto nella sessione invernale di Robin Gosens.
4-3-1-2
Cambiare in un 4-3-1-2, per esempio, limiterebbe Dumfries e Gosens che per le loro qualità sono eccezzioali nell’interpretare il ruolo di esterni a tutta fascia, e sono meno terzini per caratteristiche e filosofia.
Bastoni e Skriniar insieme in difesa ? Benissimo, ma potrebbero inserirsi di meno e così facendo lasciano però più spazio agli uomini di centrocampo.
Il calcio oramai è un equilibrio tra fase offensiva e fase difensiva. Le transizioni (positive e negative) sono diventate la chiave per elasticizzare tale concetto (dicasi “concetto europeo di calcio fluido”).
Una rivoluzione non avrebbe senso, ma Inzaghi ha necessità di cambiare approccio, deve dare una nuova imprevedibilità alla sua squadra, che non riesce più come prima a superare il pressing alto.
3-4-1-2
La formula che intriga di più è il 3-4-1-2, visto durante il secondo tempo contro il Sassuolo, con Alexis dietro la coppia Dzeko/Lautaro.
Conte l’aveva provato all’inizio della scorsa stagione per inserire un trequartista (Eriksen o Vidal), senza trovare un equilibrio al centrocampo, diventato troppo aperto in fase di transizione difensiva.
E poi, Brozovic è un regista particolare, anche per questo è difficile giocare senza di lui. Il croato dà il ritmo dal basso e ha bisogno di soluzioni intorno a lui.
Calhanoglu e Barella devono dare una mano nei movimenti per offrire soluzioni e aprire linee di passaggio, soprattutto con il pressing alto proposto da quasi tutte le squadre contro l’Inter adesso.
In una formula equilibrata, il Turco sarebbe trequartista, quindi più lontano nella fase di ripartenza.
3-4-2-1
Due giocatori alle spalle di Lautaro o Dzeko, Calhanoglu e Correa o Perisic.
Una seconda punta che può allagarsi come ala o andare in area, l’altro più trequartista.
Con Gosens, che entrerà pian piano nella rotazione a sinistra, il croato potrebbe infatti anche giocare più avanti, in quella zona di campo dove ha passato la maggior parte della sua carriera.
3-5-1-1
Infine un più denso 3-5-1-1 visto durante la prima partita contro il Genoa (con Lautaro squalificato).
Sensi agiva alle spalle di Dzeko, un 4-0 netto contro una squadra senza idee, molto diversa di quella di Blessin incontrata questo venerdì… Calhanoglu più alto, dietro Lautaro o Dzeko. E poi Vecino, Gagliardini o Vidal in più a centrocampo con la missione di attaccare la linea insieme a Barella.
Cambiare può avere un effetto psicologico nella testa dei giocatori. La novità, a livello mentale, aiuta ad uscire delle abitudini. E con una partita da giocare ogni settimana, tra poco tempo, lo staff avrà più tempo per lavorare con altre varianti sulla base del 3-5-2 o comunque per sviluppare un famoso “piano B”.
3-5-2
Vi dico la mia. Il modulo attuale è da conservare come punto di partenza delle partite. Perché tanti giocatori hanno trovato una certa libertà: Bastoni, Skriniar, Brozovic, Perisic, Dumfries, Calhanoglu… Fino a trenta metri della porta avversaria, l’Inter non è diventata completamente scarsa. Crea ancora, anche se il gioco è meno brillante. Nessuna squadra vola. Durante 9 mesi, ci sono sempre alti e bassi.
L’Inter non ha più questo attaccante che fa avanzare la squadra di 20 metri con una giocata o con una corsa nella profondità (non abbiamo per fare un esempio un Lukaku, un Osihmen, o un Vlahovic).
Con Dusan, tutto il blocco della Juventus è più alto rispetto alla prima metà della stagione e quindi la squadra diventa più pericolosa. Senza parlare del suo senso del gol. Dzeko non è questo tipo di centravanti. Dopo anni come punta unica con ali intorno a lui, gioca da seconda punta in questa stagione. Riesce dialogare con i centrocampisti e gli esterni, ma non riesce a collaborare davvero con il suo compagno d’attacco.
Lautaro Martinez è diventata la prima punta. Lo fa anche in Nazionale, in un modulo diverso, e segna spesso (5 reti e 2 assist in 8 partite questa stagione). All’Inter, non ha più gli spazi creati da Lukaku. Lavora molto per la squadra, ma fa tanti movimenti a vuoto. Anche lui deve cambiare alcuni schemi per ritrovarsi in posizione di segnare. Il talento, c’è. E quando ritroverà la fiducia, si sbloccherà…
Alexis Sanchez sa fare la differenza su un gesto, un’ispirazione, ma non riesce a prendere sulle sue spalle l’intero attacco.
Il ritorno di Joaquin Correa non risolverà il problema. Dà imprevedibilità (e ne manca attualmente), velocità, ma non fisicità. Sarà un’arma in più e in questo momento, non sarà di troppo. Felipe Caicedo è una riserva, per 20/30 minuti, ma non ha la tenuta e la gamba per trascinare la squadra.
La soluzione perfetta non esiste. C’è una stagione da finire così. In dicembre, l’Inter non era la squadra la più forte d’Europa, ma la tempo stesso non è diventata la più scarsa d’Italia!
Ha punti forti e deboli, ma, finora, ha vinto la Supercoppa, superato i gironi di Champions League, conquistato la semifinale di Coppa Italia e ha ancora nelle sue mani il destino per difendere lo scudetto.
In agosto, non era dato per scontato ma a marzo è la realtà dei fatti, anche dopo un mese e mezzo molto difficile.